Cos’è la pensione ai superstiti?
Nel momento in cui un lavoratore non titolare di pensione o un pensionato già titolare di trattamento pensionistico diretto, viene a mancare, la normativa prevede che in favore dei familiari superstiti, spetti una pensione ai superstiti (legge n. 903/1965, art. 22) che prende il nome di:
Pensione indiretta Nel caso di decesso del lavoratore non titolare di pensione alla data della morte. | Pensione di reversibilità In caso di decesso di un pensionato già titolare di un trattamento di pensione diretta alla data della morte. |
Si tratta di una tutela che offre l’ordinamento giuridico ai familiari del defunto quali il coniuge, i figli e collateralmente in alcuni specifici casi anche, ai genitori, ai fratelli o alle sorelle inabili. Da segnalare che il lavoratore titolare di assegno ordinario di invalidità secondo la legge 222/1984, tale pensione non è reversibile e quindi ai familiari superstiti, potrebbe spettare la pensione indiretta.
La pensione ai superstiti decorre dal 1° giorno del mese successivo a quello del decesso del lavoratore ovvero del pensionato, indipendentemente dalla data di presentazione della domanda e spetta per 13 mensilità annue.
Chi ha diritto alla reversibilità
La legge individua una gerarchia di beneficiari, che comprende:
- il coniuge superstite o il partner di un’unione civile;
- i figli minorenni, studenti o inabili;
- in mancanza di questi, i genitori o, a certe condizioni, i fratelli e le sorelle non coniugati.
Particolare attenzione va posta alla posizione del coniuge separato o divorziato, per il quale la giurisprudenza ha progressivamente esteso le tutele.
Il coniuge separato e la pensione di reversibilità
Il coniuge separato mantiene il diritto alla pensione di reversibilità del defunto, anche se la separazione è stata pronunciata con addebito.
Tale principio è stato chiarito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 286 del 1987, che ha dichiarato illegittima la discriminazione tra coniuge separato con o senza colpa. Successivamente, la Corte di Cassazione – con l’ordinanza n. 9649 del 2015 – ha ribadito che la pensione di reversibilità spetta comunque al coniuge separato, poiché la legge si fonda sull’esistenza del vincolo matrimoniale e non sulla convivenza o sulla dipendenza economica effettiva al momento del decesso.
In sostanza, la separazione non fa venir meno il diritto alla tutela previdenziale, che resta collegato al matrimonio, purché esso non sia stato sciolto con divorzio.
Il coniuge divorziato: quando matura il diritto
Diversa è la situazione del coniuge divorziato, regolata dall’articolo 9 della Legge n. 898 del 1970 (legge sul divorzio).
Il diritto alla pensione di reversibilità sorge solo se sono rispettate tre condizioni fondamentali:
- Il coniuge divorziato non deve essere risposato
Il nuovo matrimonio fa venir meno il legame giuridico con l’ex coniuge e, di conseguenza, il diritto alla reversibilità. - Deve essere titolare di un assegno divorzile periodico
L’assegno una tantum (in unica soluzione) non comporta il mantenimento di un vincolo economico continuativo e dunque esclude la reversibilità. - Il rapporto di lavoro o assicurazione del defunto deve essere iniziato prima della sentenza di divorzio
In altre parole, il diritto nasce solo se la posizione assicurativa che genera la pensione risale a un periodo in cui il matrimonio era ancora in essere.
Queste condizioni rispondono alla logica di continuità del sostegno economico: la pensione di reversibilità, infatti, prolunga nel tempo l’aiuto economico che il defunto garantiva al coniuge più debole, prima attraverso il mantenimento e poi con l’assegno divorzile.
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Quando c’è un nuovo coniuge superstite
Il caso più complesso è quello del concorso tra coniuge superstite e coniuge divorziato.
Se al momento del decesso del pensionato vi è un nuovo matrimonio, la pensione di reversibilità deve essere ripartita tra l’attuale coniuge e l’ex coniuge divorziato.
La ripartizione è disposta dal Tribunale, che tiene conto di diversi fattori:
- la durata dei rispettivi matrimoni;
- la percezione dell’assegno divorzile da parte dell’ex coniuge;
- la situazione economica complessiva dei soggetti coinvolti.
Qualora il defunto avesse contratto due o più matrimoni la pensione ai superstiti sarà ripartita tra gli aventi diritto dal Tribunale (Circolare Inps n. 132/2001). Infatti le sedi Inps procederanno alla ripartizione della prestazione tra gli aventi diritto, che abbiano presentato domanda intesa ad ottenere la pensione, sulla base di quanto stabilito dal Giudice.
Se il coniuge superstite si risposa: diritto alla doppia annualità della pensione di reversibilità
Quando un coniuge superstite titolare di pensione di reversibilità o di pensione indiretta si risposa, la normativa prevede la cessazione del diritto alla prestazione. Tuttavia, a compensazione di tale perdita, viene riconosciuto un assegno una tantum, comunemente conosciuto come “doppia annualità”.
Il principio della “doppia annualità” trova origine nel Decreto Luogotenenziale n. 39 del 18 gennaio 1945, tuttora in vigore.
La norma stabilisce che “al coniuge che cessi dal diritto alla pensione per sopravvenuto matrimonio spetta un assegno pari a due annualità della pensione stessa, escluse le quote integrative a carico dello Stato”.
È importante ricordare che il diritto alla doppia annualità sussiste anche se ci sono figli superstiti che continuano a percepire la loro quota di pensione. In questo caso, l’Inps provvede a ricalcolare le spettanze familiari, adeguando la ripartizione dei ratei residui.
Estensione ai dipendenti pubblici
Dal 1995 la doppia annualità è riconosciuta anche ai pensionati ex Inpdap, in virtù della Legge n. 335 del 1995 (Riforma Dini).
L’estensione è tuttavia limitata ai matrimoni celebrati dopo il 17 agosto 1995, data di entrata in vigore della riforma.
Per i matrimoni anteriori, resta applicabile la normativa previgente, che non prevedeva tale beneficio.
In pratica, il coniuge superstite che si risposa perde la pensione di reversibilità ma ha diritto a ricevere un’indennità una tantum pari a 26 mensilità dell’importo percepito al momento del nuovo matrimonio.
Questa liquidazione si calcola considerando l’importo lordo della pensione, senza includere eventuali maggiorazioni sociali o integrazioni a carico dello Stato.
Un principio di solidarietà che sopravvive al matrimonio
Nel tempo, la Corte di Cassazione ha più volte ricordato che la pensione di reversibilità non è un’eredità, ma un diritto previdenziale autonomo, finalizzato a garantire un sostegno ai superstiti.
Anche quando il matrimonio si scioglie, il vincolo solidaristico che ne deriva può sopravvivere se esisteva una condizione di dipendenza economica, diretta o indiretta, dal coniuge defunto.
La sentenza n. 16093 del 2012 ha chiarito che la finalità della reversibilità è proprio quella di “protrarre nel tempo il sostegno economico già assicurato al coniuge più debole, prima attraverso il mantenimento e poi con l’assegno divorzile”.
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Il coniuge separato con addebito ha diritto alla pensione di reversibilità?
Il diritto alla pensione di reversibilità spetta anche al coniuge separato con addebito, ossia a colui che, a seguito della separazione, è stato ritenuto responsabile della crisi coniugale.
La giurisprudenza ha chiarito che l’addebito della separazione non incide sul diritto del coniuge superstite alla pensione di reversibilità, poiché il presupposto fondamentale resta l’esistenza del vincolo matrimoniale. Tale principio si fonda sull’articolo 22 della Legge n. 903 del 1965, che riconosce la prestazione al coniuge superstite senza distinguere tra separazione consensuale o giudiziale, con o senza colpa.
Una tappa fondamentale di questo orientamento è rappresentata dalla sentenza n. 286 del 1987 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato illegittima la prassi di negare la pensione di reversibilità al coniuge separato con addebito. La Consulta ha affermato che la funzione di tale prestazione non è punitiva, ma di protezione previdenziale: essa mira a garantire un sostegno economico ai superstiti del pensionato o dell’assicurato, indipendentemente dalle responsabilità personali nella separazione.
Successivamente, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9649 del 2015, ha confermato questo principio, ribadendo che il diritto alla pensione di reversibilità non richiede né la prova della dipendenza economica dal coniuge defunto né lo stato di bisogno del superstite. È sufficiente che al momento del decesso il matrimonio non sia stato sciolto da una sentenza di divorzio.
In sintesi, il coniuge separato – anche se con addebito – viene equiparato a tutti gli effetti al coniuge superstite ai fini del riconoscimento della reversibilità. Ciò rappresenta un superamento definitivo dell’orientamento più restrittivo adottato in passato, che negava la tutela previdenziale al coniuge ritenuto “colpevole” della separazione.





